Mi definisco “cattolico anarchico”, un’espressione che a prima vista potrebbe sembrare un ossimoro, ma che riflette invece la sintesi della mia visione. Essere cattolico significa per me aderire liberamente alla volontà divina: un atto di fede è, prima di tutto, un atto di libertà, mai di costrizione. Nel vivere la mia fede, accolgo pienamente la mia umanità, riconoscendomi peccatore. Questo non implica il mettere in dubbio l’esistenza di Dio, ma ammettere le mie fragilità nel fidarmi totalmente del Suo amore, un amore che illumina e redime ogni caduta morale.

Nei confronti del mondo – o di ciò che il Cristianesimo identifica con Cesare – adotto un approccio duplice: formalmente rispettoso, ma sostanzialmente libero. Partecipo alla vita civile solo nella misura in cui ciò mi consente di essere una presenza attiva, senza farmi assorbire da logiche che appartengono a un ordine temporale e non eterno. Come cristiano, vivo nel mondo, ma non mi riconosco parte di esso; guardo al Regno di Dio, non a una civiltà che spesso riduce la dignità umana a mere rivendicazioni di diritti.
Evocare Cesare non è casuale: la figura storica di Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, primo imperatore romano, simboleggia l’istituzione del potere temporale per eccellenza. A lui Gesù si riferisce nel Vangelo con le parole “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mt 22,21). Questo invito a distinguere tra l’autorità terrena e quella divina è il principio che ispira il mio rapporto con il mondo.
Sono felicemente sposato con una donna straordinaria che mi sostiene in ogni passo. Divido il mio tempo tra il lavoro e la scrittura, che considero il mezzo più autentico per condividere le mie riflessioni e mettere in dialogo fede e libertà.
Scrivo qui, su “L’anarchico cattolico”, per raccontare il mio cammino, le mie lotte interiori e il modo in cui cerco di vivere l’amore di Dio in un mondo spesso distante dal Suo disegno.